Le sfide future dell’inclusione nelle città, dagli Architetti BAT: «Ora un patto sociale e coinvolgimento»

Le sfide future dell’inclusione nelle città, dagli Architetti BAT: «Ora un patto sociale e coinvolgimento»

Una nuova sensibilità urbanologica per affrontare le sfide future che attendono le città. E’ quanto emerso nel corso del convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC della BAT all’interno di Palazzo Covelli nel secondo giorno di attività nell’ambito delle iniziative per “I Dialoghi di Trani”. Nella sede storica tranese gli interventi dell’arch. Antonio Riondino, docente associato al Politecnico di Bari e dell’arch. Giuseppe Rociola funzionario della Soprintendenza BAT e Foggia. A dialogare con loro l’arch. Francesca Onesti presidente della commissione cultura dell’Ordine degli Architetti. Tema dell’incontro abitare l’inclusione in un contesto in cui, ha spiegato il prof. Riondino, serve sicuramente un patto sociale e politico per affrontare una tematica che è alla base della storia dell’umanità.

«Oggi il tema dell’inclusione al di là delle proprie personali propensioni etiche comunque rappresenta il problema della città – ha spiegato l’arch. Riondino che sta effettuando diversi studi su questo tema – certo non è il solo ma è quello che fondamentalmente, come dice Bauman, sta liquefando quanto la storia della città aveva ed ha finora restituito nei nostri palinsesti abitativi».

Come ha spiegato il docente del Politecnico di Bari gli esempi di inclusione nelle città sono molto limitati ma comunque al tema bisogna approcciarsi partendo da un assunto: «Per me vale un principio essenziale – ha detto l’arch. Riondino – sono i giovani oggi a dover rappresentare la nostra linfa portante perchè nel futuro vengano a generarsi delle città che siano realmente inclusive».

Necessario dunque un pensiero critico nell’affrontare un tema per cui comunque non si può ragionare a compartimenti stagni, come ha invece spiegato l’arch. Giuseppe Rociola: «Serve il coinvolgimento di altri saperi come sociologi, antropologi, filosofi e in generale tutto ciò che possa servire anche per dare spunti agli architetti per cercare di capire questa forma dell’accoglienza dal punto di vista, per esempio, della struttura urbana secondo quali canoni e quali requisiti o quali principi debba essere pensata ed esplorata proprio per tenere conto di queste situazioni che poi sono in continuo mutamento».

Mentre proseguono tutte le attività de “I Dialoghi di Trani”, per l’undicesimo anno consecutivo l’Ordine degli Architetti BAT è coinvolto con la commissione cultura nell’organizzazione di eventi pienamente integrati nel progetto e che prendono spunto, inevitabilmente, dal tema che in questo caso è l’accoglienza: «Riteniamo che gli architetti possano dare un contributo di spessore ad una manifestazione che riguarda non solo la città di Trani ma tutto il nostro territorio – ha spiegato la presidente della commissione cultura l’arch. Francesca Onesti – Promuovere la buona architettura ed il buon saper fare è uno dei nostri principi».

Tra le idee di quest’anno dell’Ordine c’è stata una call tra gli architetti per ideare delle istallazioni come quella posta nella villa comunale e che rappresenta la figura di “Tirreno”, oppure il workshop sulla rigenerazione urbana degli ex magazzini ferroviari di Noto con i progetti di riqualificazione, oppure ancora dialoghi particolari come il “Raccontare l’accoglienza” attraverso forme d’arte differenti.

«Abbiamo voluto dare un taglio diverso al racconto dell’accoglienza – ha spiegato l’arch. Dario Natalicchio componente della commissione cultura dell’ordine – invitando uno sceneggiatore ed una pittrice per capire con loro come oggi racconterebbero ed interpreterebbero dal punto di vista del loro lavoro questo tema. Un racconto, un film, un documentario o un quadro, in cui c’è sicuramente una denuncia, sappiamo che l’arte è una forma di denuncia molto forte, la problematica mai risolta dell’accoglienza».